In questa articolo sulla sostenibilità leggerai:

  1. Alcuni cenni storici sul concetto di sostenibilità
  2. Quali sono gli obiettivi dello sviluppo sostenibile
  3. Cosa significa sostenibilità nell'abbigliamento
  4. Differenze tra moda sostenibile e moda eco-sostenibile
  5. Che cos’è la moda etica?
  6. Quali sono i tessuti più sostenibili?
  7. Da slow fashion e recycled fashion
  8. Cosa è il Cost per wear?
  9. Cosa è il Greenwashing?

Brevi cenni storici su quando e come è nato il concetto di sostenibilità

Per introdurre il tema della sostenibilità, che si sviluppa in modo trasversale in ambito ambientale, economico, sociale e culturale, è interessante partire dal termine “sviluppo sostenibile”, introdotto per la prima volta dal Rapporto Bundtland della Commissione Mondiale per l'Ambiente e lo Sviluppo (1987).

Lo sviluppo sostenibile è quello volto a soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di far fronte ai propri bisogni.

Una società globale sostenibile si fonda sul "rispetto della natura, sui diritti umani universali, sulla giustizia economica e sulla cultura della pace".

La sfida è quella di prendere decisioni e favorire l’innovazione in modo responsabile e dinamico, riducendo gli impatti negativi e cercando il sottile equilibrio tra resilienza ecologica, prosperità economica, giustizia politica e vitalità culturale, con lo scopo di garantire un pianeta accogliente per tutte le specie, sia nel presente sia per il futuro.

Obiettivi concreti e misurabili sono fondamentali affinché la “sostenibilità” non risulti un termine astratto come la “libertà” o la “giustizia”.

Alcune date significative:

1972 – Il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” (elaborato da un think tank chiamato Club di Roma) rappresenta una presa di coscienza: l'utilizzo umano delle risorse naturali stava raggiungendo il limite.

1972 - I paesi industrializzati cominciano a considerare gli effetti dell'incremento demografico, dell’inquinamento e del consumismo, mentre i paesi in via di sviluppo fronteggiano continue situazioni di povertà e privazioni e considerano lo sviluppo come essenziale per sopperire alle necessità di cibo, acqua potabile e tetti. ("Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente umano" - Nazioni Unite - Stoccolma)

1973 e 1979 - Le “crisi energetiche” dimostrano come la comunità globale sia diventata dipendente dalle risorse energetiche non rinnovabili.

1980 – Pubblicazione del documento "Strategie per la Conservazione del Mondo" (l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura")

1982 – Pubblicazione della "Carta per la Natura" che richiama l'attenzione sul declino dell'ecosistema globale. La Commissione mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (Commissione Brundtland) lavora per due anni sul conflitto fra tutela dell'ambiente e sviluppo e giunge alla conclusione che l'approccio allo sviluppo deve mutare e divenire sostenibile.

1987 - Nasce la definizione di sostenibilità sopra citata.

XXI secolo – Cresce sempre più la consapevolezza dei danni costituiti dall'effetto serra originato dall'attività umana, soprattutto dal disboscamento e dalla combustione di combustibili fossili.

Obiettivi di sviluppo sostenibile

L'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata il 25 settembre 2015, definisce il quadro attuale dei 17 obiettivi stabiliti per lo sviluppo internazionale futuro.

Questi obiettivi, corredati di target e indicatori per misurarne l’osservanza, sostituiscono gli obiettivi di Sviluppo del Millennio che vennero stabiliti nel 2000 a seguito del Millennium Summit delle Nazioni Unite.

Gli obiettivi riguardano:

Povertà, Cibo, Salute, Educazione, Donne, Acqua, Energia, Economia, Infrastrutture, Disuguaglianza, Abitazione, Consumo sostenibile, Clima, Ecosistemi-marini, Ecosistemi, Istituzioni, Sostenibilità.

Cosa significa sostenibilità nell’abbigliamento

Il tema della sostenibilità sta negli ultimi anni fortunatamente assumendo sempre più attenzione e visibilità anche nel mondo dell’abbigliamento e di conseguenza nell’industria del tessile.

L’esistenza di una moda sostenibile è di notevole importanza perché il consumo di abbigliamento è molto diffuso nelle economie industrializzate. La moda è fondata sulle tendenze e di conseguenza il prodotto ha un ciclo di vita molto breve, che porta a un elevato accumulo di rifiuti, spesso non biodegradabili.

Lo spreco di materiali, la difficoltà di garantire il riciclo di una massa enorme di rifiuti, l’impiego intensivo di risorse naturali nel processo produttivo, fanno della moda uno dei settori più inquinanti del mondo.

Per questo anche l’industria del tessile indirizza sempre più l’innovazione alla ricerca di tessuti sostenibili.

Sta inoltre emergendo un nuovo profilo di consumatore più evoluto e attento al rapporto qualità-prezzo, alla ricerca di maggiori garanzie sulla qualità del prodotto e tracciabilità della filiera.

Differenze tra moda sostenibile e moda eco-sostenibile

Si parla di eco-sostenibilità quando i processi produttivi e le caratteristiche dei prodotti sono volti a minimizzare l’impatto sul consumo di risorse e sull’inquinamento del pianeta.

In particolare sono significative le azioni volte a:

  • - Riduzione dei consumi di energia e di acqua per ogni fase della filiera produttiva;
  • - Processi senza uso di sostanze chimiche pericolose;
  • - Utilizzo di materiali provenienti da riciclo;
  • - Utilizzo di materiali provenienti da agricoltura biologica;
  • - “Life cicle assesment”, cioè valutazione degli impatti di un prodotto lungo l’intero ciclo di vita: lavorazione delle materie prime, trasporti, produzione, commercializzazione, e così via fino alla allo smaltimento del prodotto stesso.

Ma la sostenibilità non significa solo ecologia.

Con il termine sostenibilità si comprendono anche parametri che non sono solo ambientali ma riguardano le condizioni dei lavoratori impiegati nei processi produttivi, il rispetto dell’etica del lavoro e più in generale l’attenzione a tutte le parti sociali che hanno interessi per le attività economiche in esame: le comunità locali, i dipendenti, i clienti, e qualunque investitore dell’azienda.

Che cos’è la moda etica?

L’impatto ambientale ed umano dell’industria della moda è così rilevante che non è esagerato introdurre il concetto di moda etica (Ethical fashion).

Il consumatore, con le proprie scelte di acquisto, può contribuire ad un cambio di orientamento dove le aziende produttrici limitino sempre più il consumo di energia, di acqua, di suolo, di risorse non rinnovabili, l’impiego di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, le emissioni in atmosfera di gas e gli scarichi nelle acque, la produzione di rifiuti tossici e l’immissione nell’ambiente di prodotti inquinanti.

Scegliere di comprare in modo diverso, può ridurre la produzione di tonnellate di indumenti gettati, e ridurre l’impatto sociale legato agli abusi sul lavoro, retribuzioni troppo basse, orari di lavoro eccessivi, straordinari forzati e mancanza di sicurezza sui posti di lavoro (Sweatshop).

Elemento caratterizzante l’impresa di moda etica è la trasparenza. Solo attraverso una filiera di produzione trasparente è possibile monitorare che non avvengano abusi umani ed ambientali. Tale trasparenza è possibile attraverso la tracciabilità, cioè il sistema che permette al consumatore di conoscere la provenienza del prodotto, le fasi di lavorazione, e il legame con il territorio dove è stato prodotto.

È evidente che i capi di abbigliamento realizzati in modo sostenibile ed etico (Slow Fashion) hanno, per loro stessa natura, dei costi più elevati rispetto ai prodotti della moda usa e getta (Fast fashion), che hanno oramai falsato il mercato dell’abbigliamento imponendo una corsa spregiudicata al ribasso dei prezzi.

Al termine dell’impegno delle aziende per la sostenibilità, la percezione da parte del consumatore dovrebbe cambiare da: “questo prodotto costa x”, a “questo prodotto vale x”.

Quali sono i tessuti più sostenibili?

 

L’organizzazione no-profit olandese Made-by ha sviluppato un benchmark ambientale delle fibre, che colloca in diverse classi le tipologie di tessuti.

Nella classe A, che comprende i tessuti/filati con maggiore sostenibilità, sono presenti il cotone riciclato, il poliestere e il nylon riciclati meccanicamente, la lana riciclata e la canapa.

Nella classe B c’è il cotone biologico, insieme a poliestere e nylon riciclati chimicamente.

Nella classe E si trova invece il cotone a coltivazione convenzionale, una delle fibre con il maggiore impatto ambientale.

La coltivazione del cotone necessita di vaste aree di terreno e molta acqua per l’irrigazione nonché un grande uso di pesticidi e fertilizzanti, che favoriscono la desertificazione del suolo e hanno gravi conseguenze sulla salute dei lavoratori. A ciò si devono aggiungere le emissioni di anidride carbonica in atmosfera prodotte dal trasporto della fibra agli impianti di filatura, tessitura, tintura, finissaggio e confezionamento dei capi che spesso si trovano in aree del tutto diverse del mondo.

Per questi motivi la moda ha iniziato a proporre al consumatore consapevole il cotone biologico (Organic cotton), coltivato cioè in modo più ecologico e con diversa organizzazione della filiera.

Da slow fashion e recycled fashion

La classificazione delle fibre in base all’impatto ambientale evidenzia quindi che il riciclo è il mezzo più potente per ridurre il consumo di risorse naturali e favorire la sostenibilità nel mondo della moda.

Alla base dei nuovi modelli di Economia circolare (Circular fashion) troviamo la logica delle 3 R, ovvero Reduce, Reuse e Recycle.

Ciò significa organizzare tutte le attività industriali in modo che i rifiuti di un’azienda diventino risorse di riciclo per un’altra e favorire una cultura volta al baratto e allo scambio di abbigliamento usato, alla riparazione e trasformazione degli indumenti per essere riutilizzati e ridurre sprechi e consumi al minimo.

Cosa è il Cost per wear?

I capi di abbigliamento devono durare a lungo e diventare rifiuto il più tardi possibile.

Il costo di un prodotto, nel linguaggio della sostenibilità, si trasforma in "Cost per wear" che si riassume in una semplice idea: il costo di un prodotto è in relazione a quanto lo usi.

Cost per wear = (Costo di acquisto + Costo di manutenzione (lavaggio, asciugatura, stiro)) / n. di volte che indosso il capo

Acquistare capi di qualità, versatili, utilizzabili in più occasioni, resistenti ai lavaggi, essenziali nelle forme per essere sempre attuali, capi che richiedono poca manutenzione perché si lavano a basse temperature e con cicli di lavaggio breve, capi che asciugano rapidamente e che non si stirano, sono una scelta sostenibile e sono anche, secondo la formula appena vista, i capi “meno cari”.

Cosa è il Greenwashing?

Si utilizza il termine Greenwashing, che può essere tradotto in Italiano con “Imbiancato di verde”, per descrivere la comunicazione Aziendale che dichiara di essere attenta all’ambiente anche quando invece non lo è nella realtà.

Si tratta di un marketing ecologico volto a creare un’immagine positiva delle proprie attività e dei propri prodotti, ma che non corrisponde ad attività vere e concrete supportate da indicatori e risultati verificabili.

Le informazioni e i dati vengono presentati come certificati quando invece non sono riconosciuti da organismi terzi, accreditati e autorevoli che ne attestano la rispondenza agli Standard. (Fairtrade Textile Standard, International Organization for Standardization (ISO), Global Organic Textile Standard (GOTS), Eu-Ecolabel, OEKO-TEX®, OEKO-TEX® – Made in Green, OEKO-TEX® SteP, Ecocert, Naturtextil, Global Recycle Standard, From Cradle to Cradle, ecc.).